C’è posto per me?
Vorrei sedere al tavolo con tutti voi, ma c’è posto per me?
C’è posto per chi guarda le partite di pallone alla tv e sogna di poter rifare le stesse cose in campo, come i bambini al parco coi papà, ma non è piccola, non è maschio, e lo specchio le ricorda che è una donna over30? C’è posto per me che amo il calcio anche giocato?
Posso sedermi accanto a voi, anche se tifo Europa contro l’America Latina e mi hanno detto che non è politically correct, perché i fratelli d’oltre oceano hanno una storia di vessazioni da parte nostra e se fossimo eticamente leali dovremmo sperare in una loro vendicatoria vittoria? Cosa posso farci se prima che italiana – molto molto dopo l’esser romana – io mi sento così orgogliosamente europea su tutto persino sul calcio?
Mi date un posto migliore, se però confesso che europea sì, ma speriamo che la Francia venga buttata fuori ancor prima di subito?
C’è posto per me?
C’è posto per una che subisce pressioni sociali, tensioni professionali, che prende i colpi e si è scordata come si incassa meglio per non farsi troppo male, che prende colpi da tutti, ma proprio tutti e soprattutto che prende i colpi e non sa (e non vuole!) restituirli?
Mi accogliete al vostro desco, se confesso coram populo che i supplementari mi hanno rotto le palle? E che già al 73esimo tifo rigori? Sì, certo che tifo rigori ora che l’Italia è uscita, però davvero questo mondiale sembra farmelo apposta, se persino Leo Messi e i connazionali di Maradona devono aspettare il 118esimo per far fuori i bancari formaggiosi…
C’è un angolo per l’Europea di cui sopra, che batte le manine emozionata sulle note dell’Inno alla Gioia; che conosceva Telemaco anche prima di ieri; e che non sopporta davvero più le uguaglianze “Sicilia=mafia”, “Calabria=’ndrangheta”, “Campania=camorra”, che proprio un italiano è andato a riproporre a Strasburgo, cavalcando, osannando, esaltando quei pregiudizi infami che ci portiamo dietro e contro cui da decenni lottiamo?
C’è una sedia libera, un piatto di pasta, un bicchiere d’acqua per me, che mi distraggo dai mondiali cliccando sugli articoli su Wimbledon (forza Sara! forza Roberta!) e non sfioro con il mouse nemmeno per errore le foto dei baci tra un portiere e una giornalista (anche perché sti cazzi, eh)?
C’è posto per me?
Avete uno sgabello da cui possa lamentarmi dello stupore di tutti sul processo a Capello nella Duma? Vi serviva questo per capire che zar Putin ha messo sù una dittatura? Non bastavano gli oppositori politici in galera e i giornalisti scomodi fatti uccidere? Don Fabio ha scelto per soldi, doveva sapere a quale regime si sarebbe prestato…
(c’è posto alla vostra tavola per me che ogni volta che scrivo “Capello” ripenso al male provato nel vederlo con la giacca della juve, ma in un angolo del mio cuore c’è l’immagine dell’allenatore cui devo la più grande gioia sportiva della mia vita?)
C’è un seggiolone per me, per farmi tornare bambina, per farmi cercare con gli occhi le poesie dei centravanti e la magia dei passaggi filtranti dei numeri 10, i cross delle ali (io dico ancora “ali”, come si vede che sono vecchia) in un mondiale di portieri?
Non c’è?
Non posso entrare? Non mi posso sedere al vostro tavolo?
Avete già tutto prenotato? Sono troppo fuori dagli schemi, dalle regole, è così complicato giustificare le mie scelte per voi?
No, spingere non serve, sono già fuori. Non c’è posto per me, qui, va bene. Mangerò qualcosa a casa. Non c’è problema, sarà per un’altra volta.
Anna Eva Laertici